Bello, biofilico, fluido e ibrido: ecco l’ufficio del futuro

Forse la migliore definizione dell’ufficio del futuro è che non è un ufficio. Non è affatto facile, infatti, immaginare la base del lavoro in un ambito che è soggetto a profonde trasformazioni. Un lavoro che abbiamo imparato, a forza, a svolgere da casa, in azienda, addirittura in mobilità. L’esperienza faticosa e drammatica della pandemia, in questo, si è rivelata anche una feconda evoluzione. I luoghi personali e professionali si sono fatti luoghi terzi, la precarietà del momento ha favorito la fluidità di gestione, nuove soluzioni si sono imposte, fantasiose dapprima, dunque ingegnose, infine possibili e reali.

Considerare come sono cambiate le necessità ci consente di cominciare a progettare ciò che capiterà domani. Cercare il confronto con altre culture corrisponde a creare diverse prospettive. Tecniche costruttive che non erano state contemplate in precedenza ci insegnano cosa comporta capovolgere i punti di vista: in cima alla piramide dei valori c’è il benessere delle persone che, a cascata, moltiplica le energie positive di ciascuno e genera coinvolgimento, efficienza, prestazioni di qualità, con costi contenuti per le aziende e ritorni di investimento garantiti in forma di incremento di produttività dei collaboratori. Non il caso contrario, causa di cattive abitudini e condizioni carenti, che conoscevano comunque una crisi di sistema.

Ottimizzare i luoghi di lavoro con organizzazioni modulari: il benessere al centro

Variare gli spazi in funzione del numero di lavoratori in presenza, renderli adattabili all’intercambiabilità dei ruoli, vedere l’incontro e lo scambio tra colleghi non soltanto in senso fisico, ma anche digitale. Questo permetterà a tutti, ugualmente da remoto o in ufficio, di venire in riunione oppure partecipare ad una sessione comune senza alcun ostacolo. 

Vivere il tempo professionale in un ambiente vivace e stimolante, ma parimenti pulito ed essenziale, significa riconciliarsi con la natura più profonda di sé, per portare in superficie le risorse migliori da spendere nei progetti. Per questo nasce, per esempio, l’architettura biofilica: una tecnica di costruzione e arredo che vuole privilegiare il contatto vitale con il verde, l’acqua, l’aria, gli elementi vegetali. Trasferire una parte delle attività all’esterno dove esaltare la concentrazione, oppure favorire un canale di contatto tra lo spazio coperto e il territorio circostante, stimola vantaggi inediti che si traducono in rendimento.

Andare avanti verso il futuro accrescendo le possibilità di sviluppo, anche al lavoro e anche economico, significa oggi allargare gli orizzonti e farsi attori del cambiamento, culturale ma anche etico, che si impone. Al dilemma se lavorare per vivere o vivere per lavorare arriva la migliore risposta: l’attività dell’individuo, in ambito personale ma anche professionale, si alimenta di capacità, conoscenze, esperienze, passioni e piaceri in un amalgama di assoluta efficacia. Approccio attento alla salute psicofisica, dunque, per avere aziende in salute.

Riqualificare, come al Parco Lambro e all’ex-area industriale Rizzoli di Milano

Essere in forma e felici al lavoro è non solo possibile, ma un’esigenza contemporanea e futura. Trasversale per ciascun ruolo, per estendere le energie e avere effetti positivi ed efficienza. È una tendenza già avviata anche in Italia ed emblematico è l’esempio della riqualificazione del Parco Lambro e dell’ex-area industriale Rizzoli di Milano, che l’architetto giapponese Kengo Kuma si è impegnato a realizzare entro il 2024.
 
Luce e materiali naturali, vetro, innovazione che è ecologica prima che edile: elementi esterni e interni che si intrecciano, flessibilità e modularità, legno e vegetazione, energie rinnovabili e zero emissioni di carbonio, controllo dei consumi, recupero dell’acqua e circolarità degli approvvigionamenti e delle forniture. È un’elaborazione efficace, esclusiva, ispirante e, insieme, responsabile e sostenibile. È ecosistema produttivo.

© Claudia Patrone 2023